Fin dall’inizio tra me e mia sorella Colombe è stata guerra, perché per Colombe la vita è
una battaglia perenne dove bisogna vincere distruggendo l’altro. Non si sente al sicuro se non
ha schiacciato l’avversario e ridotto il suo territorio alle giuste dimensioni. Un mondo dove
c’è posto per gli altri è un mondo pericoloso, secondo i criteri di quella guerriera dei miei
stivali! Allo stesso tempo, lei ha bisogno degli altri per un compito piccolo ma essenziale:
deve pur esserci qualcuno che riconosca la sua forza! Quindi non solo tenta continuamente di
schiacciarmi in tutti i modi possibili, ma in più, puntandomi la spada alla gola, vorrebbe che
le dicessi che lei è la migliore e che le voglio bene. E certi giorni vado fuori di testa.
Ciliegina sulla torta, per ragioni ignote
Colombe, che non ha un briciolo di cervello, ha capito che il rumore è la cosa che temo di
più nella vita. Deve averlo scoperto per caso. Chiaramente a lei non sarebbe mai venuto in mente
che qualcuno potesse avere bisogno di silenzio. Non credo si renda conto di come il silenzio
serve a penetrare dentro di sé, di come sia necessario a chi non si interessa unicamente al
mondo esterno, perché dentro Colombe c’è caos e
rumore come fuori, in strada. Comunque lei ha capito che avevo bisogno di silenzio, e
sfortuna vuole che la mia camera sia accanto alla sua.
E così fa rumore tutto il santo giorno. Urla al telefono, mette la musica al massimo (e
questa cosa proprio mi distrugge), sbatte le porte, commenta a voce alta tutto quello che fa,
comprese cose interessantissime come spazzolarsi i capelli o cercare una matita nel cassetto.
Insomma, visto che non può invadere nient’altro, perché umanamente le sono del tutto
inaccessibile, invade il mio spazio sonoro e mi rompe l’anima dalla mattina alla sera. Notate
che bisogna avere una concezione del
territorio molto limitata per arrivare a questi livelli: io me ne frego del posto in cui
mi trovo, mi basta poter stare nel mio mondo senza essere disturbata. Colombe, invece, non solo
si accontenta di ignorare questo fatto, ma in più ne fa una filosofia: “Quella rompiballe di mia
sorella è una personcina intollerante e nevrotica che odia gli altri e preferirebbe abitare in
un cimitero dove sono tutti morti; io invece sono aperta di
natura, allegra e piena di vita”. Se c’è una cosa che non tollero assolutamente
è che la gente trasformi la propria impotenza o alienazione in un credo. E con Colombe sto
fresca! Però da qualche mese Colombe non si accontenta di essere la sorella più insopportabile
dell’universo, ha anche il cattivo gusto di comportarsi
in maniera preoccupante. Ci mancava solo questo: una sorella che è una piaga letale, e in
più la visione dei suoi piccoli guai. Insomma, da qualche mese Colombe è ossessionata da due
cose: l’ordine e la pulizia. Conseguenza assai piacevole: da zombie che ero, sono diventata una
sudicia; adesso mi urla dietro di continuo perché ho lasciato delle briciole in cucina o perché
stamattina c’era un capello nella doccia. E poi non se la prende solo con me: ci tormenta tutti
dalla mattina alla sera per il disordine e le briciole. La sua camera, che era un caos
incredibile, ora è lucidata a specchio: non un granello di polvere, tutto passato in rassegna,
ogni oggetto ha un suo posto ben definito, e guai a madame Grémond se non lo rimette esattamente
come prima quando ha fatto le pulizie. Sembra un ospedale. Al limite, il fatto che Colombe
sia diventata così maniacale non mi disturba.
La cosa che non sopporto è che faccia ancora la tipa rilassata. C’è un problema, ma tutti
fanno finta di non vederlo, e Colombe continua a considerarsi l’unica di noi due che prende la
vita “in modo epicureo”. Eppure vi garantisco che non c’è nulla di epicureo nel farsi tre docce
al giorno e gridare come un’indemoniata perché la lampada del comodino è tre centimetri più in
là.
Qual è il problema di Colombe? Non ne ho idea. Può darsi che a forza di voler schiacciare
tutti si sia trasformata in un soldato, nel vero senso della parola. Allora passa tutto in
rassegna, lustra, pulisce, come nell’esercito. I soldati sono ossessionati dall’ordine e dalla
pulizia, è risaputo. Gli serve per lottare contro il disordine della battaglia e la sporcizia
della guerra, con tutti quei brandelli di uomini che
si lascia dietro.
Ma quello che mi fa paura di Colombe è che spesso ho come l’impressione
che non provi nulla. Tutto ciò che Colombe esprime, a livello di sentimenti, è talmente
studiato, talmente falso che mi chiedo se senta davvero qualcosa. E certe volte mi fa paura.
Magari è una pazza furiosa, magari cerca a tutti i costi di provare qualcosa di autentico e per
riuscirci potrebbe compiere un gesto inconsulto. Vedo già i titoli dei giornali: «Il Nerone7
della rue de Grenelle: una ragazza dà fuoco all’appartamento di famiglia. Interrogata sulle
ragioni di tale gesto, risponde: volevo provare un’emozione».
Vabbè, d’accordo, sto esagerando un po’. In ogni caso stamattina, quando l’ho sentita
urlare perché c’erano dei peli di gatto sul suo cappotto verde, ho pensato: poveretta, è una
battaglia persa in partenza.
E se lo sai, ti senti meglio.
(da M. Barbery, L’eleganza del riccio, Roma, E/O, 2007, riduzione)