Artemis Fowl, un ragazzino di dodici anni, scoperto un mondo di esseri non
umani attraverso la decifrazione di un libro magico, cattura un loro agente speciale, Spinella,
che si è recata sulla Terra per recuperare un troll sfuggito al controllo della sorveglianza. Il
ragazzo minaccia di svelare l’esistenza del mondo sotterraneo e chiede, in cambio del silenzio,
parte delle loro immense fortune.
Anche senza localizzatore, non avrebbe avuto problemi a seguire il troll. Si era lasciato
dietro una scia di distruzione da fare invidia a uno scavatunnel.
Sorvolò una vigna sradicata, un muretto di pietra demolito e un cane da guardia che
uggiolava sotto un cespuglio. E poi sorvolò le mucche. Non un bello spettacolo. Senza scendere
nei dettagli, diciamo che non ne restava granché, a parte corna e zoccoli.
Il pigolio aumentò d’intensità. Il troll doveva essere davvero molto vicino.
Il paese comparve davanti a lei, accucciato sulla cima di una collina bassa.
La maggior parte delle finestre erano ancora illuminate. Era il momento di ricorrere alla
magia.
Molti dei poteri attribuiti al Popolo erano solo superstizioni. Non tutti, però. Per
esempio avevano il potere di guarire, il fascino e l’invisibilità… anche se in effetti era
inesatto parlare d’invisibilità. Quel che facevano realmente era vibrare a una frequenza così
alta da risultare invisibili all’occhio umano. Tutt’al più, se si concentravano al massimo (il
che succedeva di rado), gli umani potevano notare un leggero luccichio nell’aria. E, anche in
tal caso, di solito lo attribuivano all’evaporazione. Tipico dei Fangosi, inventarsi una
spiegazione complicata per un fenomeno semplicissimo.
Accese lo scudo schermante. Le ci volle un po’ più del solito e lo sforzo le imperlò la
fronte di sudore. Devo assolutamente procedere col Rituale, pensò. Prima è, meglio è.
Un improvviso trambusto al livello del terreno la distolse dalle sue riflessioni.
Un suono che stonava col resto della normale sinfonia notturna. Modificò l’assetto delle
ali e schizzò in avanti. Guarda e basta, ricordò a se stessa.
Era quello il suo lavoro. Gli agenti della Ricog8 venivano sparati nei pozzi per
localizzare l’obiettivo, mentre i ragazzi del Recupero arrivavano con tutta calma su una bella
navetta comoda.
Dritto sotto di lei, il troll stava prendendo a pugni i muri di una casa, che si
sbriciolavano sotto i colpi potenti. Spinella trattenne il fiato. Che mostro!
Grosso come un elefante e dieci volte più cattivo. Anzi, peggio che cattivo: terrorizzato.
– Controllo – disse nel microfono. – Fuggiasco localizzato. Situazione critica al cento
per cento.
– Chiarire, capitano. – Fu Tubero in persona, a risponderle.
Spinella puntò la minicam sul troll.
– Il fuggiasco se la sta prendendo con una casa alla periferia del paese. Contatto con gli
umani imminente. Quant’è lontana la Squadra Recupero?
– Almeno cinque minuti. Siamo ancora nella navetta.
Spinella si morse le labbra. Tubero nella navetta?
– Troppo tempo, comandante. Qui si scatenerà un pandemonio nel giro di dieci secondi.
Meglio che entri in azione…
– Negativo, Spinella… capitano Tappo. Non hai ricevuto un invito. Conosci le regole.
Mantieni la posizione.
– Ma, comandante…
– No! Niente “ma”. Resta dove sei. È un ordine!
Spinella aveva il cervello offuscato dai gas di scarico e una pulsazione sgradevole in
tutto il corpo. Che doveva fare? Qual era la decisione giusta? Obbedire o agire?
E poi il troll finì di demolire il muro e lo strillo di un bambino perforò la notte.
– Aiuto!
Un invito. Più o meno.
– Spiacente, comandante. Il troll è inferocito, e là dentro ci sono dei bambini.
Per un momento, mentre Tubero sbraitava nel microfono, le sembrò di vedere la sua faccia
imporporata dall’ira.
– Avrò i tuoi galloni, Tappo! Passerai i prossimi cent’anni pulendo cessi!
Inutile. Ormai Spinella aveva scollegato l’auricolare.
Si tuffò nel varco aperto dal troll, e si ritrovò in un ristorante. Un ristorante
affollato. Temporaneamente accecato dalla luce, il troll si stava contorcendo al centro del
locale.
Gli avventori erano sbigottiti. Perfino il bambino aveva smesso di strillare. Stavano
tutti a bocca aperta, con buffi berrettini festaioli in bilico sulla testa. I camerieri erano
paralizzati.
Bambini paffuti si coprivano gli occhi con dita paffute. Era sempre così, all’inizio: il
silenzio sgomento. Prima delle urla.
Una bottiglia di vino cadde a terra, spezzando l’incantesimo. E si scatenò l’inferno.
Spinella trasalì. I troll odiavano il rumore quasi quanto la luce.
Il bestione sollevò le robuste spalle pelose ed estrasse gli artigli retrattili. Tipico
comportamento da predatore. Stava per attaccare.
Spinella impugnò la Neutrino 2000 e la mise sul Due. Non poteva uccidere il troll per
nessun motivo, neanche per salvare la vita degli umani, però poteva stenderlo fino all’arrivo
della Squadra Recupero.
Gli puntò l’arma contro la nuca e gli somministrò un’abbondante dose di raggio ionico
concentrato. Il bestione barcollò, arretrò di qualche passo… e poi si arrabbiò di brutto.
Nessun problema, pensò Spinella. Sono schermata. Invisibile.
Chiunque l’avesse visto, avrebbe creduto che il pulsante raggio azzurro fosse scaturito
dal nulla.
Il troll si voltò verso di lei, le lunghe ciocche di pelame sudicio che oscillavano come
candele.
Niente panico. Non può vedermi.
Il troll sollevò un tavolo.
Invisibile. Totalmente invisibile.
Il troll tirò indietro un braccio peloso e lanciò il tavolo.
Solo un debole luccichio nell’aria.
Il tavolo filò dritto verso la sua testa.
Spinella si scostò. Un istante troppo tardi. Il tavolo le urtò le ali e colpì il serbatoio
della benzina. Che volò via, lasciandosi dietro una scia di liquido infiammabile.
I ristoranti raffinati, nel caso lo ignoraste, sono pieni di candele. Il serbatoio volò
dritto sopra un elegante candeliere. Ed esplose in una fontana fiammeggiante,
simile a un mortale fuoco d’artificio. La maggior parte della benzina atterrò sul troll. E
così pure Spinella.
Il troll poteva vederla. Non c’erano dubbi. La fissò a occhi socchiusi, il muso una
maschera di dolore e di paura. Lo scudo schermante non funzionava. La magia era svanita.
Spinella si contorse impotente nella sua stretta. Le dita della creatura, grosse come
banane ma non altrettanto flessibili, le stavano schiacciando la cassa toracica. Gli artigli
affilati graffiavano il robusto materiale dell’uniforme: da un momento all’altro l’avrebbero
strappata, e sarebbe stata la fine.
Non riusciva a pensare. Il ristorante era piombato nel caos. Il troll digrignò le zanne,
tentando di stritolare l’elmetto fra i molari untuosi. Nonostante i filtri, Spinella sentì il
suo fiato fetido. E l’odore di pelliccia bruciata, mentre il fuoco gli si propagava sulla
schiena.
La lingua verdastra del troll raspò la visiera, coprendola di bava. La visiera!
Era la sua sola speranza. Una mano di Spinella strisciò verso l’interruttore dell’elmetto
che azionava le luci da galleria.
Lo trovò e lo premette, e subito un fiotto di luce violenta eruppe dai faretti gemelli
posizionati sopra i suoi occhi.
Il troll indietreggiò con un urlo agghiacciante che mandò in frantumi dozzine di bicchieri
e di bottiglie. Era troppo, perfino per un bestione del suo calibro. Stordito, abbrustolito, e
adesso pure accecato! La paura e il dolore presero il controllo del suo microcervello e gli
ordinarono di chiudere bottega. Il troll crollò a terra, rigido come uno stoccafisso. Spinella
rotolò via appena in tempo per evitare una zanna aguzza.
Sul ristorante calò il silenzio… a parte il tintinnio dei vetri, il crepitio della
pelliccia in fiamme e l’improvviso sospiro di sollievo collettivo. Il capitano Tappo si rialzò
barcollando. C’erano un sacco di occhi fissi su di lei… occhi umani. Era visibile al cento per
cento. E quegli umani non sarebbero rimasti tranquilli ancora per molto. Non era nella loro
natura. Doveva procedere con un’azione di contenimento rapido.
Sollevò le mani in un gesto di pace.
– Chiedo scusa – esordì.
Educatamente, gli avventori mormorano qualcosa tipo “non c’è di che”. Spinella infilò con
cautela una mano in tasca, ne estrasse una piccola sfera e la piazzò sul pavimento, al centro
del locale.
– Guardate qui – disse.
Compiacenti, tutti allungarono il collo per vedere meglio la piccola sfera argentata. Che
ticchettava come in un conto alla rovescia. Spinella si voltò di scatto. Tre, due, uno…
Bum! Flash! Svenimento di massa.
da E. Colfer, Artemis Fowl, A. Mondadori, Milano 2001