Poco dopo il nostro arrivo a Manchester, cominciai ad andare a scuola. La
scuola era in Barlowmore Road, a circa dieci minuti di strada da casa nostra.
La direttrice si chiamava miss Lancashire, e poiché la contea in cui si trovava
Manchester si chiamava pure Lancashire, mi meravigliai molto di quel nome. La mia
classe era mista e di colpo mi ritrovai in mezzo a bambini e bambine inglesi. Miss
Lancashire era una donna giusta e trattava tutti i suoi scolari con la stessa cordialità.
In tutte le mie esperienze di allora in Inghilterra quello che mi affascinava era
l’ordine. A Rustschuk la vita era stata rumorosa, movimentata e ricca di vicende dolorose.
Eppure in quella scuola doveva esserci qualcosa che mi
rammentava la terra in cui ero nato. Le aule erano spaziose, a pianterreno, come nella
nostra casa in Bulgaria, anche qui non c’erano piani superiori, come invece li avevamo nella
nuova abitazione di Manchester, e il resto della
scuola dava su un grande giardino. Le porte e le finestre della nostra classe
erano sempre aperte e ogni occasione era buona per uscire in giardino. Lo
sport era di gran lunga la materia più importante, fin dal primo giorno gli
altri bambini conoscevano tutte le regole, come se fossero venuti al mondo
giocando a cricket. Donald, il mio amico, ammise dopo qualche tempo che all’inizio gli
ero sembrato un po’ stupido perché prima di capire le regole era stato necessario
spiegarmele e rispiegarmele varie volte. Da principio mi aveva rivolto la parola solo per
compassione, era il mio compagno di banco, ma quando un giorno mi fece vedere i suoi
francobolli e di ciascuno di essi gli seppi dire la provenienza, e poi addirittura tirai
fuori dei francobolli della Bulgaria che lui ancora non conosceva e, invece di scambiarli,
subito glieli regalai, perché io “di quelli ne avevo tanti”, allora cominciò a interessarsi
più seriamente a me e diventammo amici. Non credo di averlo voluto corrompere, ero un
bambino molto orgoglioso, ma sicuramente volevo impressionarlo, perché avvertivo il suo tono
di condiscendenza.
La nostra amicizia filatelica si sviluppò con tale rapidità che continuavamo a
trafficare furtivamente sotto il banco con i francobolli anche durante le ore di
lezione. Non ci dissero mai nulla, semplicemente fummo separati nella maniera più
gentile, e così i nostri giochi dovettero limitarsi al percorso da scuola a casa.
Al posto di Donald mi fu messa accanto una bambina, Mary Handsome.
Subito la serrai nel mio cuore come un francobollo. Il suo nome, che vuol dire
“bella”, mi meravigliava, non sapevo allora che anche i nomi potessero avere un
significato. Era più piccola di me, con i capelli biondi, ma la cosa più bella in lei erano
le gote rosse, “come meline”. Cominciammo subito a chiacchierare e lei rispondeva a tutte le
mie domande, ma anche quando non parlavamo, durante le ore di lezione, non potevo fare a
meno di guardarla ininterrottamente. Ero così incantato da quelle gote rosse che non facevo
più attenzione a miss Lancashire, non ascoltavo più le sue domande e quando dovevo
rispondere mi sentivo turbato e confuso. Avevo una gran voglia di baciare quelle gote rosse
e dovevo fare uno sforzo per trattenermi. Dopo la scuola l’accompagnavo a casa, abitava
nella direzione opposta a quella di casa mia, e così piantai in asso Donald, che aveva
sempre fatto la mia stessa strada quasi fino a casa, senza nemmeno dargli una spiegazione.
Accompagnavo Little Mary, come la chiamavo, fino all’angolo della sua strada, la baciavo
frettolosamente sulla guancia e poi correvo svelto a casa, senza far parola con nessuno di
tutto questo.
La cosa si ripeté per parecchie volte e fintanto che le diedi il bacio d’addio
All’angolo della strada, non accadde nulla, forse anche lei non ne parlò a casa sua.
Ma la mia passione per le gote rosse crebbe, la scuola non mi interessava più,
aspettavo soltanto il momento in cui mi sarei trovato per la strada accanto a lei, e ben
presto la strada fino all’angolo divenne troppo lunga e cercai di baciarla sulla gota rossa
prima di arrivarvi. Lei si ribellò e disse: – Mi puoi baciare solo all’angolo, quando mi
saluti, altrimenti lo dico alla mia mamma. – L’espressione good-bye kiss che lei usò, mentre
si voltava di scatto dall’altra parte, mi fece una profonda impressione e allora presi a
camminare ancora più svelto fino all’angolo di casa sua, lei si fermò come se niente fosse
stato e io come al solito le diedi un bacio. Il giorno dopo perdetti la pazienza e la baciai
subito, appena fummo per strada. Per prevenire la sua furia, mi infuriai a mia volta ed
esclamai con aria minacciosa: – Ti bacerò tutte le volte che vorrò, non ho intenzione di
aspettare fino all’angolo.
– Lei tentò di scappare, io la tenevo stretta, procedemmo di qualche passo, tornai a
baciarla e ribaciarla fino all’angolo. Quando finalmente la lasciai andare, lei non mi disse
good-bye, disse soltanto: – Adesso lo dico alla mamma!
Sua madre non mi faceva paura, la mia passione per quelle gote rosse era
ormai talmente grande che a casa, con enorme stupore della nostra governante, mi misi
a cantare a gola spiegata: – Little Mary is my sweetheart! Little Mary is my sweetheart!
Little Mary is my sweetheart!
Il giorno seguente arrivò a scuola Mrs Handsome. D’improvviso ce la trovammo lì: era
un’imponente signora che mi piacque ancor più di sua figlia.
Fu quella la mia fortuna. Parlò con Miss Lancashire e poi venne verso di me e disse in
tono molto deciso: – Non accompagnerai più a casa la piccola Mary. La strada per casa tua è
un’altra. Non starete più nello stesso banco e non parlerai più con lei. – Il tono non era
irritato, né lei sembrava inquieta, ma soltanto risoluta; eppure il suo modo di parlarmi era
diverso, molto diverso da quello che avrebbe avuto mia madre.
Questa fu la fine della storia. Ma in seguito mi raccontarono che non si era affatto
risolta così semplicemente. Miss Lancashire aveva mandato a chiamare i miei genitori e aveva
discusso con loro se io dovessi o meno rimanere in quella classe. Mai le era capitato di
vedere nella sua scuola una passione così impetuosa; era piuttosto perplessa e si domandava
se ciò potesse dipendere dal fatto che i bambini “orientali” sono tanto più precoci di
quelli inglesi.
Mio padre l’aveva tranquillizzata, garantiva lui che si trattava di una cosa
assolutamente innocente. Probabilmente dipendeva dalle gote rosse della bambina, che
colpivano davvero la fantasia. Pregò Miss Lancashire di tentare per un’altra settimana ed
ebbe ragione. Credo che non degnai mai più di uno
sguardo la piccola Mary. Dal momento stesso in cui si era nascosta dietro sua madre,
per me si era dissolta in lei. A casa parlai ancora spesso con ammirazione di Mrs Handsome.
Non so invece che cosa Little Mary abbia fatto in seguito a scuola, fin quando vi sia
rimasta, se la portarono via e la mandarono in un’altra scuola, il mio ricordo di lei non va
oltre l’epoca in cui la baciai.
Fino a che punto mio padre avesse ragione quando aveva detto che tutto
dipendeva probabilmente da quelle gote rosse, lui stesso certo non lo sapeva.
Più tardi ho riflettuto su quel mio amore precoce, che non dimenticai mai del
tutto, e un giorno mi venne in mente la prima canzoncina infantile spagnola
che avevo udito in Bulgaria. Mi portavano ancora in braccio e una donna mi
si avvicinava cantando: – Manzanicas coloradas, las que vienen de Stambol
– (Meline rosse che vengono da Istanbul) e così cantando mi puntava l’indice
verso la gota, avvicinandolo sempre più e poi all’improvviso ce lo premeva
sopra con forza. Io squittivo5 di divertimento, lei mi prendeva in braccio e mi
baciava tutto. Accadeva così spesso che alla fine avevo imparato anch’io quella
strofa, che cantavo insieme a lei; fu la mia prima canzoncina e tutti quelli che volevano
indurmi a cantare dovevano cominciare di lì. Quattro anni più tardi ritrovai le meline rosse
nelle gote di Mary, una bimba più piccola di me che chiamavo sempre “piccola”, e mi
meraviglio soltanto che non mi sia venuto in mente di premerle l’indice sulla gota prima di
baciarla.
da E. Canetti, La lingua salvata, Adelphi, Milano 1980