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Ritorno al castello

Era strano avvicinarsi al Palazzo come un nemico, cercando di individuarne i punti deboli e le sentinelle sugli spalti, esaminando il terreno alla ricerca di un riparo. Pyrgus provava un misto di eccitazione e di nausea. Era tutto così familiare: il fiume, l’isola, il Palazzo…
Lanciò un’occhiata ai compagni. Aurora, naturalmente, la sua cara sorella. Non sarebbe riuscito a farcela, senza di lei. Era sempre stato più bravo ad agire che a pianificare. Era stato solo grazie ad Aurora che avevano messo insieme un piano. E sempre grazie a lei, con un pizzico di fortuna, avrebbero forse risolto quell’immenso pasticcio.
Accanto alla Principessa c’era un ingegnere mago che rispondeva al nome di Ziczac: un piccolo Elfo della Foresta i cui occhi castani, scintillanti al di sopra della barba che gli ricopriva la faccia avvizzita, lo facevano somigliare stranamente a un animaletto selvatico appena sbucato da un cespuglio. La sua specialità era l’attraversamento dei muri.
Pyrgus ricordò come si era sentito smarrito quando Ziczac aveva cercato di spiegargli in che modo funzionava quel particolare tipo di magia, anche se ovviamente il signor Fogarty aveva seguito la discussione senza problemi. Il punto essenziale sembrava essere che, per mettere gli Elfi della Foresta in grado di sfasare la realtà in modo da attraversare superfici solide, serviva, la prima volta almeno, l’opera di uno specialista. E il collaudo, li aveva avvertiti la Regina Cleopatra, era sempre pericoloso: bastava un minimo errore per ritrovarsi intrappolati dentro la solida roccia e morire soffocati. Ziczac era uno dei pochi ingegneri maghi dotati di quella
particolare abilità, e viaggiava portandosi dietro tutta l’attrezzatura necessaria in uno zainetto.
Per proteggere Ziczac, Aurora e Pyrgus c’erano tre Elfi della Foresta in divisa verde. Uno, con gioia di Pyrgus, era Nymph. Per un po’ avevano discusso se fosse o no il caso di inviare altri soldati, ma Aurora aveva bocciato l’idea senza neanche prendersi il disturbo di consultarlo, affermando che un attacco su larga scala avrebbe potuto scatenare proprio la guerra civile evitata di stretta misura poche settimane prima. Per portare in salvo il vecchio Monarca era molto meglio organizzare l’incursione di un piccolo commando, e decidere il da farsi dopo averlo sottratto all’influenza di Rodilegno.
Dal momento che l’intera operazione si basava sull’elemento sorpresa, Pyrgus si augurava di trovare il padre alla svelta; in ogni caso era convinto di poter contare sulla lealtà di parecchi abitanti del Palazzo.
Era fuori questione usare il traghetto per raggiungere il loro obiettivo. Né Pyrgus né Aurora si fidavano di usare un illudincanto personale, e la faccia di entrambi era fin troppo conosciuta perché potessero avvicinarsi apertamente all’isola. Ecco perchè adesso erano accucciati dietro gli alti giunchi a circa duecento metri dal molo.
Pyrgus lanciò un’occhiata a Nymph. – Devo credere alla vostra Regina, o dobbiamo prepararci a nuotare?
Nymph gli lanciò un’occhiataccia, appena addolcita da un’ombra di sorriso. – Per oggi non ti bagnerai i piedi, Principe Ereditario – replicò.
Non lo chiamava mai per nome, notò Pyrgus, e pronunciava sempre con una certa enfasi il suo titolo, come se lo trovasse ridicolo. Di sicuro quella ragazza aveva gambe splendide. La divisa verde finiva con una specie di calzamaglia, verde anch’essa, che le metteva magnificamente in evidenza.
Con riluttanza Pyrgus sollevò lo sguardo in tempo per vedere Nymph estrarre una specie di rete da un tascapane che portava alla cintura e lanciarla davanti a sé e sopra il fiume come per catturare un pesce. Strada facendo, la rete si trasformò in una versione ridotta di quelle specie di zattere che gli Elfi della Foresta usavano per spostarsi sulle loro strade sopraelevate. In teoria la corrente avrebbe dovuto trascinarlo via all’istante, invece il battello rimase dov’era, come se fosse ancorato.
Pyrgus fece uno sforzo per non guardarlo a bocca aperta. Gli Elfi della Foresta usavano una tecnologia magica diversa da qualunque altra. Modificare l’aspetto di un oggetto era abbastanza semplice: bastava usare un illudincanto. Modificare quello che l’oggetto in questione faceva era più difficile, ma comunque possibile se avevi abbastanza denaro. Però nessun incantesimo di sua conoscenza poteva modificare l’essenza stessa di una qualunque cosa. Si poteva usare un illudincanto perché un pantodattilo sembrasse un canvero e si comportasse di conseguenza, ma niente avrebbe potuto modificarne il peso e la massa corporea. Eppure, in forma diversa, quella stessa zattera poteva essere arrotolata fino a diventare così piccola e leggera da entrare nel tascapane di una ragazza. Non ci avrebbe mai creduto se non l’avesse visto con i propri occhi.
– Sulla zattera! – sibilò Nimph. – Dobbiamo ammantarci alla svelta.
Quella ragazza aveva qualcosa che gli ricordava Aurora. Non si somigliavano affatto, e Nymph era chiaramente maggiore di qualche anno, ma più la conosceva, più scopriva in lei un aspetto autoritario. Di sicuro non aveva problemi a sparare ordini. Si chiese cosa avesse voluto dire con “ammantarci”, ma decise di fidarsi.
Aurora era meno fiduciosa. – Che significa “ammantarci”?
– Nasconderci in modo da non essere visti dal Palazzo.
– Invisibilità?
Nymph scosse la testa. – Con l’invisibilità resti comunque dove sei.
Pyrgus la trovò una risposta del tutto insensata, ma era troppo ansioso di procedere. – Sbrighiamoci a salire là sopra, Aurora – sussurrò. Sua sorella gli lanciò un’occhiataccia, però obbedì.
Sia lei che la zattera scomparvero.
– È invisibilità – disse Pyrgus.
Di nuovo Nymph scosse la testa. – È un ammanto – insisté. – Finché non lo disattivo, non potrai toccare né la zattera né tua sorella. – Notando la sua espressione incredula, aggiunse: – Prova, su, tanto abbiamo tempo.
Pyrgus tese le mani verso il punto dove si era trovata Aurora subito prima di sparire … e incontrò il vuoto. – Aurora? – bisbigliò.
– Può vederti e può sentirti – spiegò Nymph – ma tu non puoi avvertire in alcun modo la sua presenza. Né quella del battello.
Prova.
Pyrgus s’inginocchiò e passò le mani sull’acqua davanti a sé, senza però trovare nessuna zattera invisibile. Aurora poteva essersi allontanata per sfuggirgli, ma la zattera sembrava solidamente ormeggiata.
Eppure adesso era sparita.
– Ora sali a bordo – lo invitò Nymph, chiaramente divertita.
– Ma la zattera non c’è più – obiettò Pyrgus raddrizzandosi perplesso.
Nymph sorrise. – Ti basterà fare un passo avanti, Principe Ereditario. Non ho forse detto che per oggi non ti saresti bagnato i piedi?
Sempre pronto ad accettare una sfida, Pyrgus fece senza esitare un passo su quella che sembrava la superficie increspata del fiume.
E si ritrovò sulla zattera insieme ad Aurora. Voltò la testa, e vide i loro compagni ancora allineati sulla riva.
– Che combinavi? – chiese Aurora.
– Mi vedevi?
– Perfettamente – sbuffò lei.
– Potevi vedere tutto quello che facevo?
– Tutto… compreso scodinzolare dietro a Madamigella Nymph Sotutto-io – replicò la sorella.
Anche se non c’era traccia di un sistema di propulsione e nemmeno si avvertiva l’odore caratteristico della magia, la zattera attraversò sicura il fiume.
– Cos’è che ci fa muovere? – chiese Pyrgus sottovoce.
– Non c’è bisogno di bisbigliare – rispose Nymph. – Finché siamo ammantati,
nessuno può sentirci. – Si guardò attorno come per sottolineare il fatto che comunque in mezzo al fiume non poteva sentirli nessuno. Riportò lo sguardo su Pyrgus e accennò un sorriso. – C’è un sistema d’incantoguida automatico. Spinta in avanti, controlli direzionali, un pizzico di levitazione per ridurre l’attrito.
– Ma non si sente nessun odore – obiettò lui.
– L’ammanto non servirebbe a molto se fosse comunque possibile fiutarci
– replicò Nymph, senza però spiegare come facessero gli Elfi della Foresta a ottenere un risultato del genere.
Pyrgus stava per insistere con le domande, quando si accorse che erano già vicini alla meta. L’Antica Fortezza, costruita in tempi preistorici usando massi così grandi da mettere in difficoltà la moderna tecnologia, torreggiava alta sulla parete rocciosa dell’isola. Unita al corpo principale dell’edificio, la Fortezza era ormai usata soprattutto come magazzino ed era poco sorvegliata, perché si era sempre creduto che fosse impossibile introdurvisi dal fiume. Un’idea, pensò Pyrgus, che se la loro missione avesse avuto successo si sarebbe presto rivelata errata.
La zattera approdò silenziosa in una piccola insenatura fra gli scogli. Davanti
a loro c’era una stretta striscia di spiaggia sassosa che terminava contro la ripida parete di roccia sormontata dalle imponenti mura della Fortezza.
Pyrgus sollevò lo sguardo e si raggelò. Sugli spalti c’erano diverse sentinelle, e perfino a quella distanza poteva vedere che erano armati con kriss letali.
Avvertì la presenza di Aurora alle sue spalle e capì che anche lei fissava la Fortezza. – Rodilegno non vuole correre rischi – gli sussurrò.
– Ci sono guardie armate – annunciò Pyrgus, voltandosi verso gli altri.
Nymph venne al suo fianco, sul lato opposto ad Aurora. – Finché restiamo sulla zattera siamo al sicuro – disse. – Ma per entrare dovremo attraversare la spiaggia. Dopo sarà la scogliera stessa a proteggerci, nascondendoci alla vista delle sentinelle, però se ci vedono prima che la raggiungiamo, possono abbatterci come mosche. – Chiaramente anche lei aveva riconosciuto i kriss.
– Puoi renderci invisibili? – chiese Aurora all’ingegnere mago.
Ziczac si strinse nelle spalle. – Sono uno specialista, io. L’invisibilità non è il mio campo.
– Che mi dici dell’ammanto? – chiese Pyrgus. – È possibile estenderlo? Portare la zattera sulla spiaggia?
Stavolta fu Nymph a rispondere: – No. La zattera può essere usata solo in acqua, ed è impossibile estendere l’ammanto.
Aurora guardò il fratello. – C’è qualche altra insenatura più vicino alle
mura?
– Non mi risulta.
– Allora dovremo rischiare la spiaggia – decise la Principessa.
– Noi soldati scorteremo Ziczac e lo proteggeremo mentre fa il suo lavoro – li informò Nymph. – Voi due resterete sulla zattera, al sicuro, e ci raggiungerete quando tutto è pronto.
Aurora le lanciò un’occhiata che avrebbe frantumato il vetro. – Andremo tutti assieme. Due gruppi raddoppiano la possibilità di essere individuati. La distanza è minima, e una volta raggiunta la scogliera, la sporgenza rocciosa ci riparerà.
Nymph si voltò verso Pyrgus. – È questo che desideri, Principe Ereditario?
– Sì – rispose pronto lui. Nymph gli piaceva parecchio, ma sapeva per esperienza che era meglio non contraddire Aurora quando era di quell’umore.
Il piano era semplice: appena le sentinelle avessero guardato da un’altra parte, loro si sarebbero fiondati verso la scogliera.
Il guaio era che le sentinelle non guardavano mai da un’altra parte tutte insieme. Alcune tenevano d’occhio il fiume, altre guardavano a sinistra e altre ancora a destra, ma ce n’era sempre qualcuna che teneva d’occhio la spiaggetta.
Tutte indossavano le uniformi del Palazzo, ma Pyrgus era sicuro che fossero Elfi della Notte: avevano quel tipico atteggiamento nervoso, paranoide, che li rendeva eccellenti cani da guardia.
– Ci serve un diversivo – disse dopo un momento Nymph.
Lanciò un’occhiata a Ziczac, e l’ingegnere mago rispose con un rapido cenno d’assenso.
– Cos’avete in mente? – chiese Aurora. A Pyrgus sembrò di avvertire nel suo tono una sfumatura di sospetto.
Nymph scrollò le spalle e si voltò a guardare la distesa d’acqua alle loro spalle. In quel punto il fiume era piuttosto ampio, ma potevano comunque scorgere sulla riva opposta la periferia abusiva della città: alcune case erano dotate perfino di pontili e vascelli personali.
Ziczac si accovacciò agilmente sulla zattera, rassettò la veste per coprirsi le ginocchia e cominciò a cantilenare.
– Che fa? – chiese Pyrgus.
– Roba da maghi – rispose Nymph. – Non avete mormoranti, nella vostra corte?
Pyrgus ne dubitava. Per l’esattezza non ne aveva mai neanche sentito parlare.
– Si tratta di un illudincanto, giusto? – intervenne Aurora. – O qualcosa del genere.
Nymph la guardò con un pizzico di ammirazione. – Giusto. Qualcosa del genere.
All’improvviso uno dei soldati sugli spalti lanciò un grido. Pyrgus alzò gli occhi in tempo per vederlo indicare qualcosa nell’acqua. Nel giro di pochi secondi le altre sentinelle stavano correndo da lui.
– Che vedono? – chiese Aurora.
– Un drago, probabilmente – rispose Nymph. – Ziczac ha un debole per i draghi. O un serpente marino, visto che siamo vicino all’acqua. O magari sirene più o meno svestite: a volte Ziczac si comporta da birbantello. – Lanciò al mago uno sguardo affettuoso, seguito da uno malizioso a Pyrgus.
– Muoviamoci – sibilò Aurora, guardando Ziczac senza la minima traccia di affetto. – Riesce a mormorare e correre allo stesso tempo?
Ziczac le rivolse un cenno di assenso.
Impiegarono meno di un minuto per attraversare la spiaggia. L’ingegnere mago smise di mormorare appena furono al riparo della scogliera e sorrise ad Aurora e Pyrgus. – Una grossa palla di fuoco – disse. – Hanno visto una gigantesca, abbagliante palla di fuoco. Penso che i ragazzi lassù siano Notturni, perciò i loro occhi dovrebbero essere particolarmente sensibili alla luce. Vedranno macchie luminose per i prossimi cinque minuti. Tanto per tenerli occupati. Così avremo tutto il tempo per entrare.
Pyrgus lo fissò grato. In una missione del genere era essenziale poter contare sull’ausilio di un mago in gamba. Cominciava a pensare che forse, tutto sommato, sarebbero riusciti a raggiungere suo padre.


da H. Brennan, La guerra degli elfi. Il nuovo re, Mondadori, Milano 2006
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