Maigret indaga su un caso che riguarda il conflitto tra due bande
rivali: i Corsi,il cui capo è Lucien Christiani, e il clan dei Marsigliesi; quando il capo
dei Marsigliesi viene arrestato e condannato, la sua banda sospetta di Christiani e cerca di
vendicarsi; si giunge a un delitto di cui Maigret, profondo conoscitore dell’ambiente in cui
opera, individua tutti gli elementi, giocando come il gatto
col topo fino alla soluzione.
Chi fosse entrato per caso da Marina, avrebbe notato soltanto il fuoco. Lucien
Christiani, il padrone, con un grosso maglione avana che lo faceva sembrare più basso
e più grasso, maneggiava le sue bottiglie dietro il banco, travasava, tappava di nuovo,
meticolosamente. Se era di cattivo umore ciò si poteva far risalire all’ora e al tempo.
Perché era una mattina grigia e più fredda delle altre, una mattina che poteva portare
la neve, una mattina da trascorrere a letto. Erano appena le nove e rue Pigalle non era
molto animata.
Il cliente di passaggio si sarebbe indubbiamente domandato chi fosse quel grosso
signore dal cappotto pesante che fumava la pipa, con le spalle volte alla stufa, scaldando
in una mano un bicchiere di cognac, e certo non avrebbe pensato al commissario Maigret,
della Polizia Giudiziaria.
China a terra, avrebbe visto una domestica bretone, Julie, dall’aria sempre smarrita,
col viso punteggiato di lentiggini, vestita come una sguattera, che puliva il piede dei
tavoli.
Nei ristoranti di Pigalle raramente si comincia a lavorare di buon’ora. Le pulizie non
erano ancora state fatte. C’erano in giro molti bicchieri sporchi e dalla porta aperta della
cucina si poteva vedere la padrona, Marina in persona, più sporca e curva della sua
domestica.
L’insieme era tranquillo, familiare. Al tavolo di fondo c’erano ancora due uomini, ma
non avevano un cattivo aspetto, benché non fossero rasati e i loro vestiti fossero sgualciti
come se avessero passato la notte in piedi.
In verità il cliente che entrasse all’improvviso non avrebbe visto che un piccolo
ristorante come tanti altri, un ristorante di clienti fissi, evidentemente non molto pulito
ma non antipatico in quel mattino freddoloso.
Avrebbe però cambiato parere vedendo all’improvviso Maigret guardare, appeso
all’attaccapanni, un cappotto di cammello, e avvicinandosi infilare le mani nelle tasche e
trarne senza meraviglia un pugno di ferro.
– Ohé, Christiani… È sempre il mio? – gli avrebbe sentito dire in tono
bonario.
Mezz’ora prima, appena arrivato al Quai des Orfèvres Maigret era stato infatti
chiamato al telefono da un tale che insisteva per parlargli personalmente e che faceva
sforzi evidenti per contraffare la voce.
– Siete voi, commissario? … Sentite, c’è stato chiasso, stanotte, da Marina…
Se andaste a fare un giro da quelle parti, forse incontrereste il vostro amico
Christiani… E vi potrebbe venire in mente di chiedergli notizie di Martino… Quel piccoletto
di Antibes, sapete, il cui fratello si è imbarcato
per la Guiana?
Cinque minuti dopo Maigret sapeva, dalla centrale, che la telefonata veniva da un
negozio di tabacchi di rue Nôtre-Dame-de-Lorette. Un quarto d’ora dopo scendeva dal taxi
all’angolo di rue Pigalle nel momento in cui, lungo i marciapiedi, i rigagnoli trasportavano
il massimo dei rifiuti.
Maigret, pur non sapendo ancora niente, avrebbe giurato che si trattava di una cosa
seria e probabilmente molto seria, perché quelle denunce sono raramente frutto di fantasia.
E la prova l’ebbe subito, mentre risaliva lentamente la via a piedi. Quasi dirimpetto
al ristorante Marina, vide un piccolo bar che ci si meravigliava di trovare incastrato tra i
locali notturni. All’interno del bar, in agguato dietro ai vetri, il commissario riconobbe
due uomini, il Nizzardo e Pepito, che era strano incontrare così di buon’ora, soprattutto in
un luogo simile.
Un momento dopo, aprì la porta del ristorante dirimpetto e scorse, in fondo,
Christiani in compagnia di una giovane recluta, René Lecoeur, chiamato il Contabile, perché
era stato impiegato di banca a Marsiglia.
Maigret portò la mano al cappello e salutò tutti come un bravo cliente che vada a bere
il suo bicchierino.
– Come va, Lucien?
Il che non gli impedì di accorgersi che il tovagliolo tremava nelle mani del padrone e
che la servetta, raddrizzandosi bruscamente, picchiava la testa contro un tavolo.
– Molta gente, stanotte?… Dammi un caffè e un calvados….
Poi, entrando in cucina:
– Come va, Marina?… Ho visto che ti hanno rotto uno specchio sopra il banco…
Difatti aveva notato alla prima occhiata che uno specchio era stato spezzato da una
pallottola di rivoltella.
– È vecchio… – si affrettò a spiegare Lucien. – L’ha fatto un tale che non conosco,
che aveva appena comprato una rivoltella e non sapeva che era carica…
Da quel momento tutto si svolse al rallentatore.
Era più di un quarto d’ora che Maigret era là e non erano state scambiate venti
parole. Mentre la servetta continuava il suo lavoro, Lucien restava dietro il banco e Marina
si agitava in cucina, il commissario fumava la pipa, beveva il suo calvados, andava ogni
tanto a dare un’occhiata al bar di fronte e tornava vicino alla stufa.
Conosceva la casa come le sue tasche. La clientela era formata soprattutto da antichi
compagni, da gente di quell’ambiente, naturalmente, ma per la maggior parte rinsaviti come
lui, diventati quasi dei borghesi.
Era il caso di Christiani che, dieci anni prima, non aveva esitato, al momento
dell’arresto, a colpire Maigret con un pugno di ferro e che adesso era proprietario di due
“case” a Parigi e di un’altra a Barcelonnette.
Era più o meno anche il caso dei due uomini nel bar dirimpetto, del Nizzardo
soprattutto che come Christiani aveva delle “case” che, purtroppo, facevano
concorrenza alle sue. Il Nizzardo era della banda dei Marsigliesi, come si diceva
nell’ambiente, mentre Christiani era il capo dei Corsi.
– Senti un po’, è un pezzo che il tuo amico si è piazzato nel bar di fronte?
– Non mi occupo di quella gente! – replicò Christiani con disprezzo.
– Può darsi! Ma lui, secondo me, ha l’aria di occuparsi di te. E guarda, se non
sapessi che sei un uomo, penserei che è la sua presenza in quel piccolo bar che ti impedisce
di uscire…
Una pausa, un sorso di calvados.
– Sì… Immaginerei le cose così… Stanotte, per una ragione o per l’altra, dev’essere
successo qualcosa di brutto… E, da allora, il Nizzardo e Pepito vi aspettano fuori, ragion
per cui siete stati costretti a dormire ambedue sulle panche…
Parlando, si avvicinò al Contabile e palpò le pieghe della sua giacca.
– Mi domando solo cosa può essere successo, poiché tutti sanno che Lucien non ama le
grane e tu non sei più un uomo che si compromette… A proposito, il fratello di Martino che
si è imbarcato ieri all’isola di Ré, ti manda
un saluto…
Tutto ciò in tono molto cordiale. Perfino bonario. Però Christiani aveva trasalito e
Maigret, approfittando del fatto che il Contabile era in piedi, gli tastò le tasche e ne
trasse un grosso coltello à cran d’arrêt.
– Pericoloso, figliolo!… Non bisogna andare in giro con quei giocattoli…
E tu, Christiani, non hai niente per me in tasca?…
Christiani alzò le spalle, tirò fuori una rivoltella Smith e Wesson che porse al
commissario.
– Guarda! Manca una pallottola… Certamente quella che ha spaccato lo specchio… Quello
che mi meraviglia è che tu non l’abbia sostituita e non ti sia preoccupato di pulire la
canna…
Fece scivolare il coltello, il pugno di ferro e la rivoltella nella tasca del suo
cappotto e con aria indifferente frugò in tutti gli angoli, aprì perfino la ghiacciaia e la
cabina del telefono. Ma era soprattutto con la mente che lavorava. Cercava di capire.
Architettava delle ipotesi che poi scartava una
dopo l’altra.
– Lo sai che il Nizzardo ha detto a Martino che suo fratello era stato denunciato?
Così almeno mi hanno raccontato… Te lo dico perché tu lo eviti, dato che potrebbe farti dei
rimproveri e ha l’abitudine di essere armato…
– Dove volete arrivare? – brontolò Christiani che, in apparenza, restava calmo come
Maigret.
– A niente… Mi piacerebbe vedere Martino… Non so perché, ma sarei curioso di vederlo…
Aspettando, si era assicurato che nessuno, morto o vivo, fosse nascosto nel
ristorante, né nella cucina, né nella camera di Lucien e Marina che era attigua.
Alle nove e mezzo un fattorino portò una cassa di aperitivi poi, quasi subito dopo, un
immenso camion giallo di trasporti Duchemin si fermò davanti all’edificio e ripartì dopo un
po’.
– Dammi una fetta di salame, Marina, di quello che fai tu…
E all’improvviso Maigret aggrottò la fronte perché nella stanza era apparso un nuovo
personaggio che era sorpreso quanto il commissario.
– Da dove vieni tu?
– Ero… ero sdraiato sul letto…
Era Fred, socio di Christiani in certi affari; mentiva, perché Maigret aveva appena
constatato che la camera era vuota.
– A quanto vedo – brontolò il commissario, – siete tutti talmente attaccati alla casa
che non ve ne allontanate più!… Dammi anche tu la rivoltella…
Fred esitò, poi porse la sua rivoltella che era come quella di Christiani una Smith e
Wesson, a cui non mancava nessun colpo.
– Me la restituirete?
– Può darsi… Dipende da quello che mi dirà Martino… L’aspetto da un momento all’altro…
Sì, gli ho dato appuntamento qui…
Osservava i visi e vide René Lecoeur impallidire, mandar giù una sorsata di liquore.
Ancora uno sforzo… Bisognava trovare, a qualunque costo, e Maigret trovò, nel momento
stesso in cui guardava verso la strada dove passava un camion.
– Alza il ricevitore del telefono… – ordinò a Christiani.
Non voleva entrare nella cabina, da dove non avrebbe potuto sorvegliare i suoi
“uccelli”.
– Chiama la Polizia Giudiziaria… Voglio all’apparecchio Lucas…
C’è?… Passami il microfono…
Fortunatamente il filo era abbastanza lungo.
– Sei tu Lucas?… Telefona subito alla ditta Duchemin… Bisogna trovare quel loro camion
che ha consegnato o preso in consegna qualcosa in rue Pigalle… Capito? … Vedi cos’è… Fa’
presto!… Io resto qui, sì…
Alle undici e dieci ognuno era ancora al suo posto, compresi il Nizzardo e il suo
compagno nel bar di fronte. Alle undici e undici Lucas saltò da un taxi, eccitatissimo, aprì
la porta e fece segno a Maigret che aveva qualcosa di importante da dirgli.
– Puoi parlare davanti a questi signori, sono degli amici…
– Ho potuto raggiungere il camion in boulevard Rochechouart… Hanno caricato un baule…
Hanno ricevuto una telefonata da questa casa…
Un inquilino del terzo piano, il signor Béchevel… Un enorme baule, una specie di
cofano da spedire a piccola velocità a Quimper…
– L’hai lasciato partire, spero! – scherzò Maigret.
– L’ho fatto aprire… Conteneva un cadavere, quello di Martino, il fratello di…
– Lo so… Poi…
– Il dottor Paul era in casa e ha potuto venire subito… Ho la pallottola che era
rimasta nella ferita…
Maigret la rigirò tra le mani con aria indifferente e mormorò come tra sé:
– Browning 6 mm. 35… Vedi un po’ il caso: questi signori che hanno passato la notte
qui, non hanno che delle Smith e Wesson…
– Vuoi che ti dica cosa penso?… Stanotte Martino, che aveva bevuto troppo, si è messo
in testa che è per colpa di Christiani che suo fratello si è imbarcato… È venuto a fare i
conti… E, naturalmente, siccome era irritato, gli è capitato un incidente… Capisci?
– Solo che il Nizzardo e Pepito aspettavano per strada… Non hanno osato entrare, ma
hanno preferito aspettare gli altri all’uscita. Ci sei adesso?… È per questo che i nostri
amici qui presenti hanno dormito sulle panche mentre il Nizzardo faceva la ronda di fuori e
poi, all’alba, si piazzava nel bar dirimpetto… La cosa più noiosa era quel benedetto
cadavere che certo non si poteva lasciare sulle braccia di Lucien… Cosa
avresti fatto tu, Christiani?… Tu sei un uomo intelligente…
Christiani alzò sdegnosamente le spalle…
– Rispondimi, Lucien… Chi è questo Béchevel che abita al terzo piano?
– Un vecchio signore…
– È proprio quello che pensavo… Qualcuno è salito da lui all’alba, e gli ha fatto
capire che doveva starsene tranquillo… Prima che la casa si risvegliasse, il corpo è stato
portato lassù facendolo passare dall’entrata posteriore, e messo in un baule del vecchio…
Poi è stata fatta una telefonata ai trasporti Duchemin… Va’ a chiedere al terzo piano se è
vero… Sono sicuro che ti daranno i connotati del nostro amico Fred che si è incaricato della
faccenda…
– E questo cosa prova? – grugnì Fred.
– Certo che non prova che sei stato tu a farlo fuori!…
– Séguiti a non avere niente da dirmi, Christiani?
– Niente…
– E tu, Contabile? In realtà è la prima volta che ti vedo immischiato in
un affare serio…
– Non capisco cosa volete dire – fece il giovanotto con voce tesa.
– Allora, non c’è che da aspettare Lucas…
Aspettarono. E anche gli altri, dirimpetto, aspettavano. Il movimento della strada
diventava più intenso mentre il cielo si schiariva un po’ e la luce sbiancava.
– Peccato che sia successo da te, Lucien!… Non bisogna mai lasciar rompere gli
specchi… Porta disgrazia…
Lucas tornò annunciando:
– Esatto!… Ho trovato il pover’uomo imbavagliato… Mi ha dato i connotati di Fred ma
stanotte ce n’era un altro che non ha visto… Gli sono saltati addosso mentre
ancora dormiva…
– Va bene!… Telefona per un taxi… Aspetta!… Telefona anche che mandino qualcuno a
sorvegliare quelli che sono nel bar di fronte perché non facciano baccano…
Maigret, con l’aria di chi ha tempo da vendere e non sa che fare, scelse uno dei
tavoli e vi dispose sopra una vera panoplia allineando il pugno di ferro di Christiani, la
sua rivoltella, quella di Fred e il coltello di Lecoeur.
– Non ti sgomentare per quello che ti dirò, piccolo – disse a quest’ultimo che
sembrava sul punto di svenire. – È la tua prima avventura, ma probabilmente non sarà
l’ultima…
Quella rivoltella, vedi è certamente di Christiani che è da troppo tempo nel mestiere
per servirsi di una piccola Browning come quella che ha ucciso Martino… Anche Fred ama le
armi serie… Quando è scoppiato il parapiglia, Christiani ha tirato, ma devono avergli dato
una spinta al braccio perché non ha colpito che lo specchio… Poi tu, con la tua piccola
Browning…
– Io non ho nessuna Browning – riuscì ad articolare il Contabile.
– Appunto! È proprio perché non ce l’hai che sei stato tu a sparare!
Fred ha tenuto la sua arma perché sapeva che avrebbe provato la sua innocenza.
Christiani non ha nemmeno pulito la sua, per far vedere che ha sparato un solo colpo e che
non ha colpito nessuno…
Sanno tutti e due che cosa è una perizia e hanno fatto il loro gioco…
Mentre tu dovevi far sparire la tua rivoltella perché avrebbe provato che sei
l’assassino… Dove l’hai messa?
– Non ho ucciso!
– Ti domando dove l’hai messa… Chiedi a Christiani… È troppo tardi per fare il furbo…
– Non troverete nessuna Browning…
Maigret lo guardò con pietà e mormorò a fior di labbra: – Povero imbecille, va!
Tanto più era povero e imbecille in quanto non era con lui che ce l’aveva Martino, e
se aveva sparato era stato solo per provare agli altri che aveva del fegato. Quando Lucas
tornò, Maigret gli disse sottovoce:
– Cerca dappertutto… Soprattutto sul tetto… Non sono così stupidi da nascondere l’arma
in casa di Lucien né in quella del vecchio… Se in cima alle scale c’è un abbaino che dà sui
tetti…
Quindi portò via i suoi uomini, mentre due o tre passanti dall’aspetto troppo
innocente sorvegliavano il bar dirimpetto.
Christiani, nel suo cappotto di cammello, aveva l’aria di un buon borghese arrestato
per sbaglio e che sarà rilasciato subito dopo con delle scuse.
Fred faceva lo spavaldo. Il Contabile aveva i nervi tesi.
Alle tre del pomeriggio fu trovata la Browning sul tetto, dove l’avevano
effettivamente buttata attraverso l’abbaino.
Alle tre e mezzo, il Contabile confessava piangendo e Christiani, dando l’indirizzo di
un celebre avvocato, affermava:
– Vedrete che me la caverò in sei mesi!
Al che Maigret, senza guardarlo, sospirò:
– Io, col pugno di ferro, me la sono cavata con due denti…
da G. Simenon, Maigret in rue Pigalle, Adelphi, Milano 1968