Mi ricordo con molta chiarezza che un giorno, a pranzo, il discorso era
caduto sul mio aspetto fisico: la mamma aveva cercato di trovare qualche tratto grazioso nel mio
volto: aveva osservato che io avevo degli occhi intelligenti, un sorriso dolce, ma, alla fine,
aveva dovuto arrendersi agli argomenti del padre e, cedendo all’evidenza, aveva dovuto
riconoscere che io ero brutto. Più tardi, mentre io la ringraziavo per il pranzo, ella mi batté
affettuosamente sulla guancia, dicendomi:
«Mio Nikòlenka, bisogna che tu sappia che nessuno ti amerà per il tuo viso, per questo tu
devi sforzarti di essere un ragazzo intelligente e buono».
Queste parole mi fecero capire da una parte che io ero brutto, ma suscitarono in me la
speranza di poter essere più tardi un ragazzo intelligente e buono. Nonostante questo, avevo
spesso dei momenti di disperazione nei quali immaginavo che non ci fosse sulla terra felicità
per un uomo che avesse, come me, il naso così largo, labbra così grosse e occhietti grigi.
Domandavo a Dio di compiere un miracolo… di trasformarmi in un Adone ed io avrei dato, per un
bel viso, tutto ciò che possedevo nel presente e tutto ciò che avrei posseduto nel futuro.
(da L. Tolstòj, Infanzia e adolescenza,Milano, Mondadori, 1967)