Un giorno un uomo catturò un uccello dalle piume di tutti i colori.
Orgoglioso della sua conquista, decise di metterlo in gabbia perché allietasse la casa con il
suo canto.
– Che cosa vuoi da me? – gli chiese l’uccello. – Guarda il mio corpo magro, le mie zampe
sottili e la mia testolina. Non sono che un vecchio uccello con le corde vocali fuori uso. Non
potrai ottenere niente da me. Restituiscimi la libertà e in cambio ti rivelerò tre verità che ti
saranno molto utili. Ti dirò la prima mentre sarò nella tua mano, la seconda quando sarò al
sicuro su un albero e la terza dopo che avrò raggiunto la cima della collina.
– Accetto la proposta – disse l’uomo. – Dimmi dunque la prima verità.
– Non rimpiangere mai la perdita di una cosa – disse l’uccello, – anche se fosse preziosa
come la vita. Curioso di saperne di più, l’uomo aprì la mano e liberò l’uccello, che andò a
rifugiarsi sul ramo più alto di un albero, e rivelò la seconda verità:
– Se qualcuno ti racconta una cosa incredibile, non prestargli fede prima di avere
controllato che sia vera. L’uccello abbandonò il ramo e raggiunse la cima della collina.
– Stupido uomo – riprese, – sappi che io porto su di me due enormi gioielli e ciascuno
pesa cento grammi. Ora sarebbero tuoi se invece di rimettermi in libertà mi avessi ucciso.
Meravigliato da questa rivelazione, l’uomo rimase un attimo in silenzio prima di dire qualcosa.
– Rivelami almeno la terza verità – supplicò.
– Non hai un briciolo di intelligenza! – disse l’uccello. – Hai già dimenticato quello che
ti ho appena detto. A che pro rivelarti la terza verità dal momento che non hai ascoltato le
prime due? Ti ho detto di non rimpiangere mai ciò che è perduto e di non prestare fede a ciò che
sembra incredibile. Ed ecco che subito tu sei afflitto per una cosa perduta e credi alla più
grande delle sciocchezze. Il mio peso non supera i venti grammi: come potrei portare su di me
gioielli che pesano duecento grammi? Sei davvero uno sciocco. Il fragile uccello lasciò la cima
della collina e scomparve all’orizzonte, lasciando l’uomo a meditare sulle sue parole.
da J. Muzi, Storie del mondo arabo, Fabbri Editori, Milano 2002