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PESCHE D’INVERNO

C’era una volta un magistrato, persona oltremodo malvagia e prepotente, che aveva alle sue dipendenze un consigliere saggio e integerrimo, che non esitava a protestare ogni qualvolta si trovava ad assistere alle mascalzonate e alle ingiustizie del suo superiore. Naturalmente è superfluo dire che l’onesto subalterno dava molto fastidio al magistrato, il quale, sentendosi strettamente controllato, non poteva mai fare completamente di testa sua né mettere in atto tutte le nefande soperchierie che il suo animo malvagio gli suggeriva di fare. Un giorno d’inverno, rigidissimo, il malvagio magistrato, al fine di trovare una scusa per poter silurare e togliersi dai piedi quell’incomodo consigliere, decise di tendergli una trappola. Così, chiamatolo a sé, gli disse: – Ehi, ho una voglia irresistibile di mangiar pesche e fragole. Esci e va’ a cogliermene un bel po’.
– Ma... Vi rendete conto che siamo in pieno inverno?
– E allora? Volere è potere. È in questi frangenti che si valutano le capacità delle persone. Se riuscirai a portarmi ciò che ti ho chiesto, riceverai un grosso premio. In caso contrario... Be’, non vorrei proprio trovarmi al tuo posto!
Al pover’uomo non rimase altro che ubbidire. Ma dove cercare? Uscì allora di casa e cominciò ad attraversare, sferzato dal vento e dal nevischio, un’infinità di monti, pianure e vallate, alla disperata ricerca di quei frutti fuori stagione. Invano. Dopo essere stato così a girovagare, l’uomo tornò a casa, invece che con pesche e fragole, con un terribile raffreddore preso a causa del freddo intenso che aveva dovuto sopportare. Fu dunque costretto a mettersi a letto con un febbrone da cavallo, ma più che i dolori al corpo erano le conseguenze del proprio insuccesso a preoccuparlo. Il figlio del malato, però, percepì che qualcosa di strano stava tormentando il genitore e decise di vederci chiaro:
– Padre, che avete? Mi sembrate preoccupato...
– Ahimè, figlio mio, come potresti capirmi? Sei ancora un bambino...
– Be’, se c’è qualcosa che vi affligge, potreste almeno parlarne. Chissà se
insieme non possiamo trovare la soluzione del problema...
– Quel ribaldo del magistrato mi ha ordinato di portargli delle pesche e delle fragole: è stata chiaramente una manovra per incastrarmi, dato che gli sto sullo stomaco. Io ho fatto il possibile, ma come si fa a trovare pesche e fragole in questo periodo? Capisci adesso perché sono preoccupato? Il minimo che mi capiterà sarà il licenziamento, e quando ciò avverrà, quel cialtrone l’avrà avuta vinta. Quel cane, quel farabutto, quel...
– Padre, non è detto che le cose vadano in questo modo. Io al vostro posto non sarei così pessimista. Statevene qui, mentre vado a parlare col magistrato. Mi è venuta una certa ideuzza... - Detto fatto. Il ragazzo uscì e, dopo aver atteggiato il viso a un’espressione di profondo dolore, si recò difilato all’ufficio del magistrato, che subito lo investì con dure parole:
– Che cosa c’è? È tuo padre che sto aspettando, mica te. Forse che quel buono a nulla ha fallito e ora manda avanti il suo marmocchio per farmi impietosire?
– Ahimè, è proprio per questo che sono venuto, Eccellenza. È successa infatti una cosa terribile: mentre mio padre era in montagna per cercare pesche e fragole, è stato morso da un serpente velenoso ed è morto sul colpo.
– Ah, ah! Questa è davvero da ridere! Mi dici dove sono i serpenti, in questo periodo dell’anno?
– Be’, Eccellenza, io non mi meraviglierei troppo. Se ci sono le pesche e le fragole, perché non dovrebbero esserci anche i serpenti?
A quel punto il magistrato capì di essere stato giocato dal ragazzo e non osò replicare.

da Fiabe e storie coreane, a cura di M. Riotto, Arcana Editrice, Milano 1994
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