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IL VASO FATATO

Tre sorelle vivevano insieme; filavano il lino, e tutte insieme si guadagnavano così da vivere. La più giovane era la più veloce: filava da sola più delle altre due messe insieme, e ogni tanto, con il denaro che guadagnava in più, comprava qualcosa per sé. Un giorno, mentre stava tornando dal mercato con un vecchio vaso d’alabastro, le sorelle maggiori si adirarono violentemente, e presero a maltrattarla per le sue stravaganze. Ma il vaso era fatato, e la giovane da quel momento non ebbe più bisogno di guadagnare denaro filando, perché, se voleva mangiare, il vaso provvedeva, se voleva vestirsi, era il vaso a procurarle gli abiti: insomma, non c’era un desiderio che il vaso non soddisfacesse. Temendo la gelosia delle sorelle, la fanciulla fingeva di vivere di quello che le passavano loro, dei loro avanzi, e di vestirsi con i loro abiti smessi; ma quando restava sola, si rifaceva con l’aiuto del suo prezioso talismano. Un giorno a Corte ci fu una grande festa, e vennero invitate anche le tre sorelle, perché, anche se povere, erano di nobile stirpe e di bella presenza. Le due sorelle maggiori si vestirono e si acconciarono con ciò che di meglio avevano, e andarono a palazzo, lasciando la più piccola a casa. Quando furono uscite, la terza sorella chiese al suo vaso d’alabastro, un vestito verde, rosso e bianco, dei gioielli scintillanti e tutto ciò che occorreva per fare bella figura alla festa. Così agghindata, andò a palazzo; nessuno la riconosceva, nemmeno le sorelle, tanto era raggiante di bellezza; fu, per così dire, la regina della festa. Quando si accorse che la festa stava per terminare, fuggì via, ma nella fretta, attraversando il cortile del palazzo, lasciò cadere uno dei bracciali di diamanti nel secchio pieno d’acqua dove si abbeveravano i cavalli del re. L’indomani mattina, quando i cavalli andarono a bere, nessuno di loro volle avvicinarsi al secchio, e tutti indietreggiarono spaventati. I palafrenieri guardarono nel secchio e trovarono il bracciale di diamanti che, con il suo splendore, aveva terrorizzato i cavalli. Il figlio del re, che era lì, vide il bracciale e disse al padre che voleva assolutamente sposare la donna alla quale apparteneva quello splendido oggetto. Due messi percorsero tutta la città per trovare la fortunata proprietaria del bracciale. Dopo quindici giorni di vane ricerche, alla fine arrivarono alla casa delle tre sorelle, provarono il bracciale al polso di ognuna, e si accorsero che si adattava a meraviglia al polso della minore. Fu annunciato il matrimonio e dato inizio ai festeggiamenti per le nozze. L’ultimo giorno la fanciulla fece il bagno, poi le sorelle la pettinarono e le misero in testa degli spilloni a forma di piuma. Quando l’acconciatura magica fu terminata e l’ultima piuma conficcata, la fanciulla si trasformò in una tortorella con un ciuffo sul capo, e fuggì via a volo spiegato dalla finestra. Tutti i giorni andava a posarsi sulla finestra della cucina del re e tubava tristemente. Il re aveva ordinato di catturarla viva; alla fine riuscirono a prenderla, e una maga, che si trovava allora a Corte per guarire il principe che stava morendo di consunzione per amore, riconobbe il talismano sul capo della tortorella. Tolse con delicatezza le spille e, quando estrasse l’ultima, la tortorella tornò a essere una fanciulla. Il principe riconobbe la sua fidanzata e guarì immediatamente, e da allora vissero felici e contenti. La principessa perdonò le sue sorelle, e offrì loro la dote e un marito.

da C. Gatto Trocchi, Le fiabe più belle del mondo, Mondadori, Milano 1988
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